Live da Vrindavan

Oggi, sono un po’…non direi triste, ma non trovo nessun altra parola adatta da usare. Come stavo dicendo prima del japam, una delle mie più care devote, una delle più anziane devote che è stata con me da quando avevo 16 o 17anni, quando ci siamo conosciuti, lei e la sua famiglia erano venuti a trovarmi alle Mauritius e siamo stati insieme tutti questi anni, questa mattina se n’è andata ed è tornata all’eterna dimora di Sriman Narayana.

Vedete, lei era un anima così meravigliosa. Una piccola storia: quando sono arrivato in Europa, lei c’era sempre. C’è stata una volta in cui non avevo nessun posto dove andare, e lei e la sua famiglia me ne hanno offerto uno con gioia. Anche quando studiavo a Parigi. In ogni situazione in cui tutti mi voltavano le spalle, quando le persone dicono che ti amano e poi spariscono nel nulla, lei e la sua famiglia erano sempre lì.

Durante la malattia sono andato a trovarla, e molto spesso le persone l’hanno vista a Springen. Ieri parlando con lei mi ha detto: ‘Promettimi che tu sarai lì’. Voleva andarsene in modo sereno, senza alcuna sofferenza, e Dio le ha dato ciò che voleva.

Vedete, questo fa capire quanto fosse riconoscente. Non dobbiamo essere grati solo quando qualcuno fa qualcosa di bello per noi, sapete.

Nella vita avete molte persone attorno a voi, alcune vi amano e altre non vi amano. Non dovete sprecare il vostro tempo con persone che non vi amano, alle quali non importa nulla di voi. Perché sprecare il vostro tempo? Perché sprecare il vostro tempo a cercare di convincere qualcuno che sta sbagliando? Non cambierà nulla.

Siate voi stessi e apprezzatevi così come siete. La vita è così limitata, intendo qui, in questo mondo materiale, e voi siete stati mandati qui per essere davvero felici, per realizzare voi stessi e per apprezzare realmente il dono che Dio vi ha dato.

È divertente sapete, stamattina ero seduto con Swami Paranthapa e stavo analizzando me stesso, guardavo me stesso e dicevo a Swami Paranthapa, è strano, vedete, anche se prima ho usato la parola ‘triste’, non sento quella tristezza. Però ci sono dei ricordi, specialmente memorie di quando loro c’erano in ogni momento della vita, come dicevo prima, avevo 16 o 17 anni quando li ho conosciuti. Quindi quel legame, quell’amicizia era veramente forte. Naturalmente tutto continua, ma è diverso. E questo è veramente toccante.

Bene, chiederò a Swami Revati di fare le sue – le vostre domande [leggera risata].

D: Jai Gurudev Guruji! Quando andiamo attraverso il percorso spirituale e i processi, le negatività vengono fuori, ma non so come gestirle. Generalmente mi aggrappo di più a Krishna in questi momenti invece di affrontare le negatività. Qual è il modo migliore?

PV: Vedete, è ovvio che quando iniziate il percorso spirituale le negatività si debbano risvegliare. Si risvegliano così che voi possiate trascenderle. Nella vita le persone non vogliono affrontare le proprie negatività. Preferiscono nasconderle sotto il tappeto, perché amano fingersi perfetti. Quindi cosa fanno? Ci passano a fianco o provano a evitarle. Ma perché pensate che sorgano le negatività? Così che voi possiate guardarle. Non dovete identificare voi stessi con le vostre negatività. Le vostre negatività non siete voi, siete al di là di esse. Siete anche al di là delle vostre positività. Quindi, identificarsi con le negatività vi renderà negativi. Ma esserne consapevoli vi farà passare attraverso di esse con consapevolezza. Quindi, non dovete scappare dalle vostre negatività, non dovete prendere una frusta e fustigarvi dicendo ‘sono un peccatore, sono cattivo’. Questo non cambierà le negatività dentro di voi. Il momento in cui ne siete consapevoli è molto importante, perché molto spesso le persone non sono consapevoli delle proprie negatività oppure ne sono consapevoli ma non vogliono guardarle. No, siate forti! Affrontatele e guardatele, passateci attraverso e sappiate che Dio e il Guru sono con voi, vi sostengono. Non vi lasceranno mai soli. Ma di nuovo, non dovete identificare voi stessi con le negatività. Nel percorso spirituale è normale che le negatività riaffiorino o si risveglino. Come la storia della zangolatura dell’oceano, no? Quando l’oceano venne zangolato dai deva e dagli asura, la mente e il cuore stessi venivano zangolati. Quello che senti dentro e quello che la tua mente pensa vanno in direzioni opposte, vero? Quindi, dalla zangolatura dell’oceano cosa fuoriesce per primo? La prima cosa che esce dalla zangolatura dell’oceano, dalla Bhagawat (09:03), è l’halahal, il veleno. Quindi quel veleno che si risveglia come prima cosa, le negatività che riaffiorano per prime nella vostra mente devono essere offerte. Come hai detto tu stesso, offrile a Krishna. Nella zangolatura dell’oceano il Signore Shiva ha bevuto quel veleno e l’ha trattenuto nella gola.

Ma quando offrite qualcosa a qualcuno non è più vostro. Dovete capire che quando offrite qualcosa a qualcuno, nel momento in cui questa cosa lascia le vostre mani non è più vostra. Non potete dire ‘te lo sto offrendo’ e aggrapparvi ad esso. Ho conosciuto così tante persone nella vita che vengono da te e ti danno qualcosa, loro come voi, ti danno qualcosa ma dopo te la chiedono indietro ‘ridammi quello che ti ho dato’. Di sicuro ognuno di voi ha avuto questo tipo di persone nella propria vita. È davvero un’offerta? É davvero donare? No. Quando doni qualcosa, quella cosa non è tua. Dovete quindi comprendere che quando offrite qualcosa a Krishna, la mettete ai Suoi Piedi e non è più vostra. L’avete donata a Lui. Dimenticatevene. Quando dico di dimenticarvene non è come premere un bottone e la mente se ne dimentica. No. Ci vorrà del tempo, quella cosa risalirà in superficie, ma dovete ricordarvi che l’avete messa ai Piedi di Krishna, che l’avete data a Lui. Non è vostro dovere occuparvene. Voi come devoti, voi come Suoi servitori, vi fidate del Maestro no? Quindi se vi fidate, il Maestro si prenderà cura di voi. Il Maestro si prende cura di tutti. Ma se continuate a dipendere da questo attaccamento sarà difficile, per voi stessi. Sapete, mia mamma aveva una zia. Lo racconto spesso perché è davvero divertente. Questa zia faceva così: quando si andava a trovarla, e naturalmente quando andate a casa di qualcuno non ci andate a mani vuote, portate sempre un piccolo regalo, qualcosa, un mazzo di fiori, o cioccolata, o quant’altro – e questa zia diceva sempre ‘perché vi siete scomodati a portare questo regalo?’ Aveva già messo le mani sul regalo per prenderlo, e al tempo stesso diceva ‘non avreste dovuto portare niente’ [ridendo]. Allo stesso modo, ogni qual volta offrite qualcosa a Krishna, anche voi fate qualcosa di simile, lo offrite dicendo ‘Ecco, ti prego Bhagavan, prendi’ ma poi lo trattenete. [ride] Non glielo state dando pienamente [ride].

Quindi smettete di restare aggrappati quando avete fatto un’offerta a Krishna, Lui sa come gestirla e sa come prendersene cura.

Molto spesso, noi pensiamo di sapere cos’è meglio per noi, è la natura.

Così questa negatività, quando ricompare, quando si risveglia, vi ricorda del fatto che non siete perfetti, dato che voi desiderate ardentemente la perfezione, continuate a bramare la perfezione, e questo è un bel processo di apprendimento. Non è una cosa negativa.

Perciò andate avanti, e sappiate che il Guru e Dio sono al vostro fianco.

D: Jai Gurudev, carissimo Guruji! A volte ci consigli di dedicarci alla ricerca della vera natura di noi stessi, altre volte di realizzare Dio e di essere degni della visione di Dio stesso, così come Arjuna ha saputo fare. Altre volte, ho inteso che lo scopo più elevato è servire il Guru e Dio in eterno. Io so che nessuna di queste cose è possibile senza la Tua grazia, ma se preghiamo per quella grazia, per cosa dobbiamo pregare? Qual è, realmente, lo scopo più alto nella vita?

PV [ridendo]: Vedete, quando andate da un medico, e sto parlando di un bravo medico, per uno stesso sintomo vi darà una medicina diversa.

Se andate da un dottore Ayurvedico, il dottore Ayurvedico vi controllerà il polso. Potete avere il medesimo sintomo, la febbre, come hanno tutti proprio di questi tempi, la tosse e così via, ma un buon medico non darà la stessa medicina a entrambi, perché un buon dottore non ha imparato soltanto dai libri, ha imparato anche che ogni persona è unica.

Proprio per l’individualità della personalità di ognuno, nonostante nel campo spirituale non tutti siano allo stesso livello di consapevolezza, ognuno avrà una comprensione a vari livelli, e, a seconda del livello in cui si trova, avrà una comprensione diversa.

Quindi, a seconda della fisionomia e della personalità di ciascuno, il medico darà una medicina specifica.

Allo stesso modo, il Guru dà consigli diversi a persone diverse. A coloro che si trovano a un livello veramente avanzato, egli dirà di servire direttamente Bhagavan. A quelli che non hanno ancora raggiunto quel livello, assegnerà una sadhana diversa. Ma a coloro che veramente anelano alla grazia di Dio, egli darà la sadhana di arrendersi al Guru. Perché coloro che vogliono veramente essere umili, dovrebbero sapere che servire il Maestro, servire il Guru è il fine ultimo, e attraverso il servizio al Guru essi otterranno la grazia di Dio. Però anch’essi devono imparare ad ascoltare il Guru.

Ieri, cantavamo uno dei versi del Ramayana, dove Goswami Tulsidas dice ‘Beati gli occhi che hanno visto il santo!’. Non ha detto ‘beati coloro che hanno visto Dio’. Perché senza aver avuto la grazia di vedere i santi, il Guru, non si potrà avere la grazia di vedere Dio. Dunque, tornando alla tua domanda, che chiedeva quale fosse lo scopo più alto, a mio parere, la sadhana di ciascuno e lo scopo più alto è innanzitutto il servizio al Guru. Il Guru vi guiderà a Dio.

Se il Guru non vi guida verso Dio, significa che non è il Guru giusto.  Ma il Guru in qualunque caso deve guidarvi alla realtà ultima: ai Piedi del Signore Stesso. Vedete, tutti e tre sono simili, ma prima di tutto si inizia con il servizio al Maestro.

D: Jai Gurudev! Caro Guruji, recentemente, durante il pellegrinaggio, ci hai esortato a condividere le storie e le esperienze che abbiamo vissuto con te. E questa è una delle cose più belle e motivanti. Ma alcune persone percepiscono questo come una cosa molto intima, e desiderano tenerla per sé. Alcuni dicono perfino di sentirsi un po’ ‘svuotati’ dopo averla condivisa, perché gli altri cominciano a esserne gelosi o fanno le proprie proiezioni.

PV [ride]

Quindi, c’è qualcosa che dovrebbe restare fra il devoto e il Guru? E come sapere con chi condividerle e con chi no?

PV [ride] E’ vero, ci sono certe esperienze personali che si vogliono conservare per se stessi. Non tutte le esperienze devono essere condivise. Certe esperienze sono personali. Sono una cosa fra voi e il Guru. E quello che c’è fra voi e il Guru è la vostra relazione personale, e quella non serve condividerla.  Ma certe esperienze che avete fatto che pensate possano ispirare gli altri, in quel caso è importante condividerle. Specialmente se quell’esperienza ha cambiato la vostra vita, se quell’esperienza vi ha trasformati, allora è importante condividerla con altre persone. Proprio quella può ispirare il cambiamento in altre persone. Quindi, se la vostra esperienza è personale, è vostra, non dovete per forza condividerla. Se non sentite di volerlo fare, non condividetela. Ma se l’esperienza che avete avuto vi fa emozionare e vi rende felici tanto da dire ‘sì, ha cambiato la mia vita’, allora certo, condividetela liberamente. E una cosa che molto spesso le persone dicono ‘ho condiviso la mia esperienza, mi sento vuoto’, non è vera. Se condividerete veramente la vostra esperienza, sarete più forti. Non vi può rendere più deboli. Così, Dio vi dà le esperienze affinché possiate ispirare anche altri. Ma per prima cosa dovete considerare quell’esperienza nella vostra vita personale, come vi ha cambiati, e se potrebbe essere di ispirazione per altre persone oppure no.

Dio vi da quelle esperienze cosicché possiate ispirare anche gli altri. Ma prima di tutto dovete osservare quell’esperienza nella vostra vita, come vi ha cambiati, e se potrebbe essere un’ispirazione per gli altri o no.

Quindi fate come sentite dentro di voi, perché nessuno vi costringe.

Posso dirvi di condividere l’esperienza come ispirazione per chi l’ascolta. Ma nessuno costringe nessuno a condividere.

D: Caro Guruji, perdona se questa domanda se non è appropriata. Vorremmo sapere come ti senti quando facciamo la puja per Te, quando ti parliamo o ti offriamo del cibo o cantiamo per te. Lo senti, e gradisci il modo in cui lo facciamo?

PV [ride]Sapete… [ride] mi fa sorridere, perché alcuni anni fa ho dovuto dire a un devoto di smettere di offrirmi prasad nel tempio, perché il mio peso stava aumentando sempre di più. Sapete, le persone che mi sono vicine sanno bene che io non mangio tanto. Ma nonostante ciò, stavo diventando un po’ grasso. [ride] E quel devoto diventava sempre più felice. Ho dovuto fermarlo, e dirgli ‘Per favore, smetti di offrirmi questo prasad ogni giorno, non è salutare per me.’

Vedete, quando fate la vostra sadhana, fate le vostre preghiere, quella gioia che state provando, io la conosco, perché in quel momento spiritualmente io sono con voi.

Stiamo condividendo questa esperienza.  E questa esperienza non è soltanto di adesso, c’è stata anche in tante altre vite.

C’è una bellissima storia di un re, il suo nome era Virasindhu. Questo re era un grande devoto del Signore Shiva e aveva una grande bhav, quando pregava e faceva la sua sadhana egli spiccava sui normali devoti e cresceva spiritualmente. In quella vita – in una delle sue vite precedenti non aveva raggiunto la grazia del Signore Shiva-  così, nella vita successiva egli nacque di nuovo in una casa reale, Kalinga, credo.

Così, quando venne il tempo, fu appunto incoronato re, ma un certo sentimento si risvegliò in lui. Non era felice. Egli vedeva la futilità di questo mondo. Dentro di se non si sentiva felice, e diceva ‘Pur essendo il re, e possedendo tutto, non possiedo la felicità. Perché?’ Così, cominciò a pensare. E mentre pensava, i samskara delle vite precedenti si risvegliarono in lui. E cominciò a ricordare, ‘Si, devo avere qualcosa di più profondo dentro di me, devo cercare un Guru, devo cercare il Guru perfetto che mi possa dare l’Illuminazione.’

Così diede l’annuncio di far radunare tutti i santi, i saggi, i sadhu del suo regno. Ognuno arrivò e gli diede un mantra diverso. Alcuni gli diedero il Taraka Mantra, altri l’Ashatka Mantra, altri ancora il Panchadaksha [Panchadasi ?] Mantra, alcuni l’Om Nama Shivaya, l’Om Namo Narayanaya, ma nulla toccò il suo cuore fino a trasformarlo.

Così egli era così arrabbiato che imprigionò tutti i sadhu e tutti i santi perché nulla l’aveva toccato nel profondo, e perché era già stato iniziato a tutti questi mantra nelle sue vite precedenti, aveva già fatto sadhana con questi mantra nelle vite precedenti, eppure non l’avevano portato dove avrebbe dovuto essere. Al che, il Signore Shiva Stesso decise di presentarsi.

Il Signore Shiva si travestì da ‘coolie’ – come si dice – da facchino. E quando arrivò nel regno del re Virasindhu, nel – come si dice il darbar? –

SVR: salone?

Si trovava nella salone, dove il re dava udienza. Stava in piedi proprio lì in mezzo alla sala, guardò il re e disse soltanto una cosa: ‘Stop!’

Disse soltanto ‘Stop!’ con la mano alzata, e scomparve.

In quel preciso momento accadde qualcosa dentro al re. Egli capì ciò che quel kuli, quel facchino, aveva voluto dire con ‘stop’ e riconobbe che era stato il Signore Stesso, venuto a ricordargli ciò che stava cercando. In quel momento realizzò che quello ‘stop’ era uno stop a quella mente-scimmia che continuava a saltare in giro, quella mente che andava fermata.

Così, seduto sul suo trono egli chiuse gli occhi e andò nello stato di Nirvikalpa Samandhi, istantaneamente.

E così rimase in quello stato. I ministri e il popolo stavano aspettando che lui si riprendesse, ma lui era ancora in quello stato.

La mente si fermò. Quando la mente si fu fermata, la beatitudine si risvegliò, la beatitudine della coscienza, la gioia del Sé si risvegliò dentro di lui. Così rimase in quello stato di beatitudine.

Egli godeva di quello stato di Nirvikalpa Samandhi.

E tutti aspettarono e aspettarono. Trascorsero ore, il re non ritornò.

Passarono giorni, il re non ritornò.

Trascorsero settimane, e il re non ritornò.

Così, il ministro decise che avrebbero dovuto amministrare il regno.

E cosa fecero, gli tolsero l’anello regale dal dito e condussero le attività ordinarie del regno in nome del re.

Il re rimase seduto sul suo simhasan per sei anni nello stato di Nirvikalpa Samadhi, in quello stato di beatitudine.

Dopo sei anni in quello stato, tornò in sé, ma sempre permanendo in quello stato di beatitudine.

La prima cosa che disse fu: ‘Dov’è il mio Guru?’

Allora il ministro disse: ‘Nel momento in cui quel facchino sollevò la mano dicendo ‘stop’, scomparve, e voi siete andato nello stato di Nirvikalpa Samadhi.’

Poi chiese, ‘quanto tempo è trascorso?’

‘Sono passati sei anni’.

A lui quei sei anni erano sembrati soltanto pochi secondi.

Così, quando lo realizzò, disse: “Prendete quel sigillo, esso mi rappresenterà. Quando verrà il momento opportuno lo darete al giusto re, ma per quanto mi riguarda, io mi ritirerò nella foresta per godere di questa beatitudine in eterno. Quindi, quando fate la vostra sadhana, dovete essere pienamente assorti, sapendo che il Guru e Dio sono con voi. Non si tratta soltanto di una mera preghiera, il Guru sa quando pregate.

Ovunque voi siate, come ho detto allo scorso satsang, siamo connessi spiritualmente, siamo connessi nel nostro cuore, siamo connessi in quella relazione d’amore.

E quella relazione non è soltanto una relazione di adesso, è una relazione che dura da molto tempo. La nostra Atma è in profonda connessione.

Come vi dicevo prima, riguardo a quella devota, non è una coincidenza che voi stiate con qualcuno per 24, 25 anni, così, per caso.

E’ una relazione che è al di là del tempo e dello spazio.

Ed è una relazione che continua e, molto spesso, il dubbio sorge nella mente delle persone, ma qual è la cosa più importante?

E’ quel dubbio o è la trasformazione che accade in voi?

E io l’ho vista quella trasformazione nella gente.

Ho visto quella trasformazione nelle persone che sono care e sincere; quello è importante, che chiediate di avere quella sincerità.

Solo quando avrete quel desiderio sincero, la percepirete.

Dunque, quel devoto di cui vi parlavo, al quale avevo detto di smettere di offrire il cibo, è un devoto molto speciale, perché, penso la seconda volta che mi recai in Kenya, una volta mi chiese ‘Per favore, Guruji, fai visita alla mia casa’. E io non ero là, non ero in Kenya. Ero in Europa, in realtà.

Io dissi ‘Sì, verrò, quel giorno, quel tal giorno’. E lui disse: ‘Ok, chissà come verrà?’

E accadde qualcosa in casa sua.

Sapete, lui aveva le mie pantofole, quelle che avevo indossato la prima volta che andai in Kenya. Quando lo incontrai gliele diedi, e così aveva le mie pantofole. Era seduto nella sua stanza delle preghiere. Naturalmente, le pantofole si trovavano lì.

Dell’acqua cominciò a grondare da quelle pantofole, così tanta acqua che si era allagato dappertutto. Credo vi sia anche un’immagine di questo.

Per lui fu chiaro che io ero là, ero arrivato, ne ha avuto la prova.

E, allo stesso modo, molti devoti hanno avuto molti tipi di segnali nella loro vita.

Non devono essere gli stessi, ma il miglior e più importante segnale, è che non vi è un segnale esteriore. La miglior cosa è che voi sappiate che è dentro di voi che siamo in costante comunicazione, siamo sempre in connessione l’uno con l’altro.

Guru e bhakta non possono essere separati.

Se voi comprendete realmente quella relazione, potreste essere separati da vostra madre, potreste essere separati da vostro padre, potreste essere separati da vostro fratello, da vostra sorella, potreste essere separati da ogni singola persona che conoscete, ma col Guru, una volta che avete preso rifugio, non potrete più essere separati da lui.

Potrete andarvene, potrete lasciare il Guru, potrete andare a trovarvi un altro Guru, potrete trovare un altro cammino, potrete andarvene, diventare negativi e scomparire, ma la relazione che il Guru ha con voi, se è un vero Guru, non si interromperà mai.

Ovunque sia il devoto, il Guru è lì presente.

Come alla fine della Bhagavad Gita, qual è la preghiera che viene recitata?

Ovunque vi sia Krishna, ovunque Krishna, il cocchiere, e Arjuna, l’arciere, siano, lì vi è prosperità, lì vi è felicità, lì c’è gioia.

Questo è ciò che disse Veda Vyasa. Questa è la mia chiara convinzione.

Così, ovunque sia il devoto, il Guru e Dio sono lì con lui.

Questa è la mia convinzione, e so che è così.

Jai Gurudev!